Alla sua vita da calciatore ha dedicato anche un bel libro dal titolo "Il pallone sull'acqua". Stefano Trevisanello, veneziano doc, come ricorda il titolo stesso, è cresciuto proprio nel Venezia, club con il quale è approdato al calcio professionistico. Nato in una famiglia di calciatori - il fratello Carlo ha militato, oltre che nel club lagunare, anche con Ascoli e Bologna - il club neroverde (ora arancioneroverde dopo la fusione di anni fa con il Mestre ndr), ha rappresentato per Trevisanello il punto di partenza e di arrivo della sua carriera. «Sono entrato nel settore giovanile del Venezia - racconta - che avevo appena undici anni, arrivando dopo una decina d'anni a debuttare in Prima squadra, assieme a mio fratello Carlo». Una storia, quella con i colori lagunari, che si è poi chiusa nella stessa maniera. «In realtà ci siamo ritrovati per un anno anche ad Avellino e poi abbiamo chiuso insieme a Venezia. Ora i colori sociali sono cambiati perchè si è aggiunto l'arancione, tuttavia sono rimasto sempre legato al Venezia». Con il fratello Carlo c'è stato anche un curioso incrocio in occasione di un Verona-Ascoli, disputato al Bentegodi il 29 ottobre 1978, terminato con la vittoria bianconera per 3-2«Ricordo molto bene quella partita. Anche perchè i tre gol dell'Ascoli li fece proprio mio fratello». Arriviamo quindi a parlare del Verona. «L'esperienza con l'Hellas ha rappresentato l'apice della mia carriera. Avevo già esordito in A con il Varese ma Verona è stata come toccare il cielo con un dito. Poter giocare al fianco di gente come Zigoni, Mascetti, Maddè, Luppi e Superchi era il coronamento di un sogno». I tre anni di Verona, però, furono altalenanti. «Nella prima stagione riuscì quasi subito a conquistarmi un posto di titolare. Disputammo un gran campionato. Se non ci fosse stato l'incidente con il treno, avremmo potuto probabilmente conquistare anche la qualificazione in Coppa Uefa. Purtroppo quella tragedia, ci segnò profondamente, tanto che perdemmo poi tutte le poche partite che mancavano alla fine del torneo. L'anno dopo, invece, lo svecchiamento voluto da Garonzi, che decise di cedere i vari Zigoni, Busatta, Maddè e Luppi, fu, forse, troppo. Io e Franzot, poi, ci infortunammo e vennero a mancare in mezzo al campo due giocatori 'di gamba'. E alla fine retrocedemmo.». Dopo la retrocessione, però, ci si aspettava una pronta risalita. «Ancora oggi - confessa Trevisanello - riguardo la foto di quella squadra e ancora non mi capacito di come non sia riuscita a vincere il campionato. Rimanemmo in corsa fino a poche giornate dal termine poi la sconfitta interna con il Monza e il pareggio con il Brescia, dove Boninsegna sbagliò un calcio di rigore, ci furono fatali».
Venerdì sera Trevisanello sarà proprio al 'Bentegodi' per vivere la sfida dal vivo. «Non ho visto molte partite però seguo sempre le squadre dove ho giocato. Il Verona è partito bene poi sono arrivate le tre sconfitte consecutive. Ora arriva un match più alla sua portata. Gli serve, probabilmente, un colpo d'ala per riscattarsi. Il campionato, comunque, è ancora lungo per entrambe»
L'ultimo flash lo dedica al ricordo del suo arrivo a Verona. «Ricevetti la telefonata dell'allora segretario Fiumi che mi disse: 'Le passo il Presidente Garonzi' il quale mi disse: ' Ciao venexian, allora sito contento de vegnar a Verona? Seto forte?». Altri tempi, altro calcio, altri uomini.
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