Ci siamo forse dimenticati, in questi giorni burrascosi, del sorriso felice di Eddy Salcedo, e delle sue lacrime di gioia per il primo gol in carriera tra i professionisti. Il suo volto pulito è la rappresentazione perfetta, sul campo, di un Verona che continua a macinare punti e prestazioni, allontanandosi dalla zona retrocessione e andando a prendere posto nella colonna di sinistra della graduatoria.

Ci siamo dimenticati per un attimo, in queste ore movimentate, di una difesa che rimane la meno battuta della massima serie, al pari di quella della Juventus capolista. Solamente 9 gol al passivo, il trio composto da Rrahmani, Kumbulla e Gunter che va a formare un muro pressoché invalicabile. Una solidità, però, che va al di là dei singoli, dal momento che nella sfida contro il Brescia, con il tedesco influenzato e il giovane albanese presto fuori causa per guai muscolari, Empereur (all’esordio in A) e Dawidowicz non sono stati da meno, garantendo anch’essi l’impermeabilità difensiva dei gialloblù, scalfita solo dal superbo destro di Mario Balotelli nel finale. Il reparto arretrato del Verona di Ivan Juric, dunque, funziona indipendentemente dagli interpreti chiamati in causa, con un assetto consolidato e fortificato dal duro lavoro settimanale (parole di Marash Kumbulla al termine della sfida di Parma), in cui un apporto certamente non marginale viene fornito anche da Silvestri e dagli altri reparti. Un atteggiamento collettivo virtuoso, insomma, che il tecnico croato non manca mai di sottolineare al termine di ogni incontro.

Ed è proprio l’uomo di Spalato, attualmente, il valore aggiunto del Verona: accolto con un certo scetticismo (eufemismo) dalla piazza, è ben presto riuscito a conquistarla, conferendo alla squadra gialloblù identità tattica, carattere, personalità, idee chiare e organizzazione. Un duro lavoro portato avanti giorno dopo giorno, fin dai primi allenamenti estivi, e ben fotografato dalla solidità difensiva e dalla tenuta mentale dei suoi uomini. Etichettato, forse prematuramente, come “fondamentalista”, ha velocemente smentito anche questo pregiudizio: diverse, infatti, sono state le soluzioni fin qui adottate per il reparto offensivo, con una rotazione di uomini e assetti alla ricerca del modo per far rendere al massimo i propri interpreti. Soprattutto, colpiscono la sua schiettezza e la sua obiettività, dimostrate chiaramente al termine della sofferta vittoria del Tardini: un’ammissione di buona sorte e una sottolineatura degli errori commessi in fase di gestione, per mantenere alta l’attenzione ed evitare che il risultato positivo potesse annebbiare la vista e rendere i giudizi esageratamente entusiastici.

Il suo Verona è una squadra che sopperisce alle proprie carenze tecniche, di organico e di esperienza con un atteggiamento proattivo, mettendo in mostra un’applicazione moderna del gioco, fatta di pressing, aggressività e recupero veloce del pallone, con intensità e dinamismo. Il gruppo appare coeso, unito, con un’unità d’intenti non solo dichiarata nelle interviste, ma anche ben dimostrata sul campo. Soprattutto, sembra essersi creata un’empatia tra squadra e pubblico, componenti finalmente unite in un rapporto che nelle ultime stagioni sembrava essersi decisamente raffreddato.

Dall’altro lato, questi giorni di spiacevoli avvenimenti extra-campo non devono nemmeno farci perdere di vista il vero problema di questo Verona: i gialloblù, con 9 gol realizzati (peggio solo Udinese, Samp e SPAL), denotano una certa sterilità offensiva, ben rimarcata dal fatto che il gol di Salcedo al Brescia sia stato il primo, all’undicesima giornata, realizzato da un attaccante. Un gol, peraltro, giunto solamente su calcio da fermo, così come da palla inattiva erano giunti quelli decisivi contro la Samp, in una delle prestazioni maggiormente esaltate in questo primo scorcio di stagione. L’Hellas è anche la quart’ultima squadra, in Serie A, per tiri totali verso la porta avversaria: un dato che non rende affatto giustizia alla mole di gioco prodotta da Veloso e compagni.

Vittorie in quasi tutti gli scontri diretti, 15 punti in 11 partite, più vicini alla zona europea (-6) che a quella retrocessione (+7), una difesa che non subiva così pochi gol dall’anno di grazia 1984/85. Ma i voli pindarici finiscano qui, torniamo piuttosto a fare affidamento sulla concretezza di Ivan Juric. Alle porte un’altra sfida affascinante, contro un’Inter reduce dalla batosta morale di Champions e travolta dall’improvvido sfogo di Antonio Conte. Per tornare a pensare al calcio giocato. Ne abbiamo tutti un gran bisogno.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 06 novembre 2019 alle 18:30
Autore: Giacomo Mozzo
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