Ricorre oggi un anniversario importante per tutti i tifosi gialloblù. Sono trascorsi, infatti, ben 35 anni da quel 12 maggio 1985 quando la truppa di Bagnoli, al termine di un’incredibile cavalcata, con il pareggio per 1 a 1 ottenuto alla penultima giornata in casa dell’Atalanta, conquistò la vittoria del campionato regalando al popolo gialloblù il sogno dello scudetto.
La redazione di tuttohellasverona.it ha raccolto i ricordi di Luciano Marangon, uno dei protagonisti principali di quella fantastica avventura.
Quale fu il segreto di quella stagione e di quella squadra ? «Dentro quello spogliatoio c’era un connubio incredibile fatto di sana amicizia, rispetto e stima. Tra di noi c’era un legame così forte che resiste ancora oggi che sono passati così tanti anni. Questo, poi, ci ha aiutato molto anche in campo. Devo dire la verità, ho visto poche squadre forti come lo siamo stati noi in quell’anno. Eravamo un amalgama perfetto ».
Qualche addetto ai lavori sostiene addirittura che il Verona delle due stagioni precedenti giocasse addirittura meglio. «Io credo che la stagione dello scudetto sia stato il completamento di un percorso iniziato con il primo anno di serie A. Partendo dall’organico che aveva conquistato la promozione l’anno precedente, mister Bagnoli e “Ciccio” Mascetti furono bravi nell’individuare ogni anno i due/tre innesti giusti in grado di alzare la qualità della squadra». Poi arrivarono Elkjaer e Briegel. « Il loro arrivo rappresentò senza dubbio la classica “ciliegina sulla torta” che ci permise di fare il definitivo salto di qualità che ci portò a raggiungere il traguardo tricolore».
La stagione successiva Garella andò al Napoli mentre tu e Fanna andaste all’Inter. Senza la vostra partenza si sarebbe potuto aprire un ciclo? «Probabilmente le condizioni c’erano tutte, tuttavia la conquista di uno scudetto e il mantenimento su certi livelli imponevano, come oggi del resto, investimenti importanti che non tutte le società erano in grado di sostenere. Per quanto mi riguarda l’offerta economica dell’Inter, del quale informai subito il presidente Chiampan, era in quel momento fuori dalla portata della società che, quindi, mi lasciò andare. Personalmente sarei sempre rimasto in tutte le piazze dove sono stato e ho giocato, tuttavia entrano poi sempre in gioco anche altre variabili».
Esiste un momento o una partita dove avete capito che poteva essere l’anno giusto? «Nello spogliatoio tra di noi per scaramanzia non pronunciammo mai la parola scudetto. Diciamo che fin dalla prima giornata siamo sempre stati consapevoli della nostra forza. Terminata la partita della domenica non vedevamo l’ora che arrivasse il martedì per ritrovarci al campo per l’allenamento. Anche questo ci ha aiutato a mantenere la concentrazione sull’obiettivo».
Uno dei principali protagonisti di quel memorabile scudetto è stato sicuramente Bagnoli. Il tuo ricordo. «Mister Bagnoli era ed è una gran bella persona. Dotato di una vena simpatica non comune, discreto e mai sopra le righe, è sempre stato una persona dotata di semplicità, intelligente, serio, molto educato ed estremamente rispettoso nei confronti di noi giocatori. Soprattutto, comunque, un allenatore preparato, profondo conoscitore del calcio». Sotto il profilo tattico, infatti, Bagnoli ha sempre dimostrato grande competenza, un merito riconosciutogli da molti. «Il suo più grande merito, non solo secondo me, fu sempre quello di ascoltare attentamente noi giocatori, con l’obiettivo di mettere ognuno di noi nel ruolo nel quale poteva esprimere al meglio le proprie potenzialità. Soprattutto, la sua indicazione, era anche quella di tentare la giocata in verticale per avvicinarsi in fretta alla porta. Del resto nel calcio se non fai gol diventa difficile vincere le partite».
Negli spogliatoi di Bergamo, Volpati disse che solo con il tempo sareste riusciti a rendervi conto di cosa avevate fatto. «Personalmente mi sono reso conto di quello che avevamo “combinato” sin da subito, quando dopo la festa negli spogliatoi siamo saliti sul pullman e abbiamo iniziato a cantare e festeggiare tra di noi. Sapevamo di aver regalato alla città e ai tifosi una gioia indescrivibile che sarebbe rimasta scolpita in maniera indelebile negli anni nei ricordi di tutti».
Autore: Enrico Brigi / Twitter: @enrico_brigi
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