Dopo cinque giornate di campionato, il rendimento dei gialloblu sembra soddisfare tifosi e addetti ai lavori. Le prime impressioni sono decisamente positive, soprattutto per quanto riguarda la fase difensiva, mentre rimane qualcosa da migliorare sotto il profilo realizzativo. Ne parliamo con Mauro Gibellini, ex giocatore gialloblu negli anni ‘80 e, a più riprese, anche direttore sportivo della società scaligera.
Dopo la promozione in serie A, quando molti ritenevano quasi scontata la conferma di Alfredo Aglietti, sulla panchina gialloblu è arrivato Ivan Juric. L’ex tecnico del Genoa, accolto con iniziale scetticismo, ha già raccolto riscontri positivi dalla piazza e dagli addetti ai lavori. « Credo che Juric stia facendo un buon lavoro. Nonostante siano trascorse solo poche giornate di campionato, è già riuscito a trasmettere alla squadra una precisa identità. In campo ogni giocatore sa cosa deve fare e i risultati ne sono una logica conseguenza. Rispetto agli anni passati, si nota una chiara definizione dei ruoli in campo e questo facilita molto i giocatori nel seguire le indicazioni tattiche impartite dall’allenatore. Esiste già un gruppo coeso dove l’allenatore rappresenta il vero leader. Riuscire a creare queste premesse dopo così poco tempo rappresenta a mio avviso un suo grande merito. »
In queste prime cinque giornate di campionato la squadra gialloblu sembra aver finalmente trovato una buona solidità difensiva con solo quattro reti subite, tre delle quali su calcio di rigore. In questo positivo rendimento della retroguardia scaligera spiccano le prestazioni di Kumbulla e Rrhamani.
« Kumbulla rappresenta la sorpresa più piacevole di questa nuova stagione. Si tratta di un ragazzo del 2000 che, nonostante la giovane età e la poca esperienza, visto che lo scorso anno giocava ancora con la primavera, dimostra già personalità e sicurezza. Mi ricorda, per certi versi, i difensori di una volta che attraverso marcature strette mettevano sempre in difficoltà l’avversario da marcare. Riguardo, invece, a Rhamani, parliamo di un giocatore che avevo già notato alcuni anni fa quando ancora militava nella Dinamo Zagabria. Le sue ottime prestazioni, quindi, non mi stupiscono e confermano quanto di buono avevo già avuto occasione di vedere. »
A una ritrovata solidità difensiva fa, purtroppo, da contraltare una certa difficoltà per quanto riguarda l’attacco, aspetto sottolineato anche dallo stesso Juric.
« In queste prime giornate è effettivamente emersa una certa difficoltà in fase realizzativa. La società gialloblu ha fatto un importante investimento su Stepinski, un attaccante che durante gli anni trascorsi con la maglia del Chievo non ha mai segnato molti gol. C’è, poi, Di Carmine, praticamente all’esordio in serie A dopo le due presenze con la maglia della Fiorentina agli inizi della carriera. Tuttavia non si deve dare nulla per scontato. Donnarumma, ad esempio, che io presi quando ero al Como, anche lui all’esordio nella massima serie con la maglia del Brescia, ha già segnato quattro reti, segno che in A ci può stare anche lui. Bisogna, quindi, essere fiduciosi. Senza dimenticare che c’è sempre un certo Pazzini, un attaccante che nonostante la non più giovane età, costituisce sempre un grande valore aggiunto. E’ presto, quindi, per trarre giudizi. Al limite, qualche valutazione potrà essere fatta in occasione del mercato di gennaio, laddove se ne riscontrasse la necessità. »
Il nuovo sistema di gioco adottato da Juric fonda la sua efficacia sull’aggressività e sull’intensità. Questa tattica, tuttavia, comporta qualche fallo di troppo e un grande dispendio di energie fisiche e mentali.
«Personalmente sono sempre stato un sostenitore della fatica. Oggi in Italia si ci allena spesso a ritmi troppo bassi mentre è molto importante lavorare intensamente anche sul piano atletico. Si tratta di uno sforzo sicuramente importante che alla lunga, però, da tutti i suoi frutti. Ciò aiuta anche a superare i propri limiti e questo significa grande valore morale e aumento della propria autostima. Nella mia esperienza di giocatore ricordo, ad esempio, Tarcisio Burgnich, quando ero al Como, dove le sedute di allenamento erano particolarmente intense e faticose. In campo, però, andavamo poi come dei treni. Anche Osvaldo Bagnoli, tecnico dotato di grande sensibilità tecnica e tattica, puntava molto sulla preparazione atletica. Juric mi dicono essere un allenatore che lavora molto sul campo. E si vede. Inoltre, è cresciuto sotto la scuola di Gasperini, le cui squadre hanno sempre messo in mostra grandi caratteristiche di corsa e resistenza. Il lavoro, anche duro, alla fine paga sempre. »
Cinque giornate non sono molte, tuttavia le indicazioni emerse sono positive. Il Verona, sembra in grado di potersi giocare le proprie per raggiungere l’obiettivo salvezza.
« La squadra gialloblù mi sembra ben costruita. Juric dispone di un’ampia rosa composta da circa trenta giocatori dove le alternative non mancano. Oltre a quanto si è già detto, mi piace molto Amrabat, un giocatore che non conoscevo, che si sta dimostrando un centrocampista molto valido. C’è poi Faraoni, un prospetto interessante che ultimamente si era un po’ smarrito ma che ora è tornato a dimostrare le qualità di cui dispone. Non dimentico, infine, Zaccagni, un centrocampista completo, dotato di grandi doti fisiche, molto abile a inserirsi negli spazi e a fare gol. Quest’anno potrebbe essere la stagione della sua definitiva consacrazione. Quest’ anno il campionato si presenta impegnativo con squadre che hanno investito molto per rinforzarsi. Credo, comunque, che i gialloblu abbiano tutte le carte in regola per conquistare la salvezza.»
Chiudiamo aprendo una parentesi sul mondo del calcio in generale. Nell’Udinese, ultima avversaria dei gialloblu, solo tre giocatori della rosa sono italiani. Si tratta, comunque, di un fenomeno sempre più diffuso che, forse, non giova molto ai nostri giovani.
« Sono sempre stato un sostenitore dei giocatori italiani. Si tratta di giocatori sicuramente più disciplinati dal punto di vista tattico, maggiormente abituati a mettere in pratica quasi alla lettera le indicazioni degli allenatori. Gli stranieri, invece, a volte fanno valere maggiormente delle doti istintive a scapito di quelle tattiche. I giocatori italiani, inoltre, naturalmente più conoscitori da vicino del calcio italiano, sono più abituati a gestire le pressioni che in questo mondo non mancano mai. Sarebbe importante, a mio avviso, costruire le squadre partendo da una base costituita prevalentemente da giocatori italiani. Mi rendo conto, tuttavia, che non sempre è così. Il problema, tuttavia, è per me un altro. Nei nostri settori giovanili, sia che si tratti di giocatori italiani o stranieri, iniziano a mancare le figure dedite, ad insegnare. Mi viene in mente ad esempio Mino Favini, grande scopritore di talenti nell’Atalanta, recentemente scomparso, che ha sempre dato grande importanza all’insegnamento dei fondamentali. Un vero “maestro di calcio”. Solo così si possono ottenere tangibili miglioramenti nella tecnica dei giocatori altrimenti il declino tecnico diventa inevitabile.»
Autore: Enrico Brigi / Twitter: @enrico_brigi
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