Per Klaus Bachlechner, implacabile e indimenticato stopper a cavallo degli anni ‘70 e ‘80, il match Bologna - Verona è sicuramente la sua partita. Con le due maglie ha trascorso gli anni più importanti della sua carriera. Cresciuto nel settore giovanile gialloblù, dopo due esperienze in serie C e B rispettivamente con Pisa e Novara, ha disputato tre stagioni ad alto livello nella massima serie con la maglia dell’Hellas. Erano gli anni di Ferruccio Valcarareggi, di Zigoni, Luppi, Mascetti e tanti altri, in un Verona che arrivò addirittura a sfiorare la qualificazione europea. Poi cinque stagioni a Bologna, inframezzate da un campionato con la maglia nerazzurra dell’Inter. Alla vigilia dell’incontro abbiamo raccolto le sue impressioni e i suoi indelebili ricordi.

Iniziamo con i ricordi. Con le casacche gialloblù e rossoblù ha vissuto stagioni importanti, le migliori probabilmente della sua carriera. Parliamo di Verona. «Prima di tutto Verona rappresenta la realizzazione di un sogno. Giocare a calcio è stata la mia passione fin da bambino. In riva all’Adige ho proprio toccato il cielo con un dito. Per me all’inizio non è stato facile, catapultato a soli diciotto anni da un posto tranquillo come l’Alto Adige in una città come Verona. Le esperienze in piazze come Pisa e Novara, dove la società mi ha mandato a maturare, ma soprattutto Verona, hanno significato per me un grande cambiamento. Pensi solo, tanto per fare un esempio molto semplice, arrivare in una società dove molti giocatori giravano in Porsche e il sottoscritto non aveva nemmeno la patente. Negli anni di serie A, comunque, ho vissuto in gialloblù grandi stagioni, ricche di soddisfazioni. Era veramente un bel Verona e c’era un rapporto unico con un’incredibile tifoseria. Ricordo con  grande piacere il presidente Saverio Garonzi, decisamente una gran brava persona che mi ha sempre aiutato molto. A Verona, inoltre, ho anche incontrato quella che sarebbe diventata mia moglie, quindi meglio di così.» Dopo tre anni il trasferimento a Bologna. «In Emilia sono stato cinque anni. I primi tre campionati sono stati molto positivi, lo sono stati un po’ meno gli altri due, una volta tornato dalla stagione all’Inter. Anche Bologna è una bellissima città, sicuramente più grande di Verona, dove ho avuto modo di crescere ancora di più sotto il profilo umano e professionale.» In mezzo la stagione all’Inter. Qualche rimpianto? « Il trasferimento in una squadra prestigiosa e blasonata come l’Inter rappresentava veramente il punto più importante della mia carriera di calciatore. Purtroppo non è andata come pensavo e speravo, nonostante tutte le buone aspettative della vigilia. Ho sicuramente sofferto il fatto di giocare in una piazza molto importante dove non sono riuscito a esprimermi come era nelle mie possibilità. Si è trattato solo di una questione di testa. Giocare a San Siro con addosso la maglia nerazzurra è sempre stata una grande responsabilità per tutti.»

In quel periodo lei era uno degli migliori stopper in circolazione. I concorrenti si chiamavano Bellugi, Mozzini, Manfredonia, Morini ma nel gruppo c’era sicuramente anche lei. La convocazione in nazionale maggiore, però, non è mai arrivata. «Ho sempre sognato di poter essere convocato in Nazionale e in tutta sincerità ci ho sperato molto. Un anno, pensi, sono stato anche inserito nella Top 11 del campionato per quanto riguarda il mio ruolo. In quel periodo ho avuto modo di marcare attaccanti molto forti come Bettega, Pulici, Boninsegna, Graziani o Giordano anche se per me il più forte di tutti è sempre stato il mio compagno di squadra Gianfranco Zigoni, un attaccante di un livello decisamente superiore agli altri. Tecnicamente, secondo me, è sempre stato il migliore. Tornando all'azzurro, l'allora ct Bearzot ha sempre fatto scelte diverse.Tuttavia ho sempre accettato con estrema serenità le sue decisioni. Il discorso della Nazionale credo sia stato un po’ come l’Inter. Per arrivare, probabilmente, serviva che io facessi un gradino in più, e credo di non esserci riuscito fino in fondo.»

Arriviamo ai giorni nostri. Domenica c’è Bologna-Verona. «Le due squadre stanno facendo entrambe un ottimo campionato. In estate hanno cambiato molti giocatori, soprattutto la squadra gialloblù, ma sono due formazioni in grado di fare bene. L’attuale classifica, inoltre lo dimostra. Oggi seguo sempre il calcio e mi aggiorno sempre sui risultati delle squadre dove ho giocato e sono felice se vincono. Verona e Bologna, in particolare, sono due squadre e due città che mi sono veramente entrate nel cuore. Fare un pronostico mi diventa difficile. Spero vinca il migliore.»

Lo scorso anno è stato a Verona per il ritrovo di tutti coloro che hanno vestito la maglia gialloblù negli anni ‘60 e ‘70. «Tornare a Verona e rivedere i compagni di allora è stata un’emozione indescrivibile. Ho ritrovato un sacco di amici che non vedevo da tanto tempo e con i quali avevo condiviso le tante battaglie sul campo e lo stare insieme fuori dal terreno di gioco. Grazie al calcio ho avuto occasione di conoscere molte persone con le quali mi è stato facile legare perché sono sempre stato amico di tutti, senza nemico alcuno.»

Dopo il calcio giocato lei ha scelto una strada diversa. «Un altro mio desiderio, oltre a quello sportivo, è sempre stato lo studio. A Verona mi sono iscritto, infatti, all’università. I primi due anni di corso sono stato in linea con gli esami mentre per gli altri due ho impiegato dieci anni. Nel 1986, però, mi sono laureato e ho fatto il commercialista per vent’anni. Adesso da una quindicina gestisco con la mia famiglia un residence in Val Pusteria. Tra poco, tuttavia, conto di lasciare tutto a mio figlio per iniziare a godermi la pensione a tutti gli effetti.»

Sezione: Hanno detto... / Data: Sab 18 gennaio 2020 alle 14:00
Autore: Enrico Brigi / Twitter: @enrico_brigi
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