Guardarli fa male (e non solo per l’allergia alla matematica del vostro scrivano), tanto i numeri sono impietosi: penultimo posto in classifica, la miseria di 6 punti in 13 partite, la zavorra di 29 gol subiti: peggio ha fatto solo il Benevento maglia nera d’Europa. Tra le 9 subite, la sconfitta contro il Bologna è quella che fa più male. Doveva essere la serata del rilancio, di una fiamma di speranza da tenere in vita. Il Verona è finito affossato nella cenere.

Onestamente va riconosciuto che non lo meritava. La squadra ha dato tutto, ha a lungo condotto la gara andando più vicina alla chiusura dei conti di quanto il Bologna al pari. Fatali, due giri di lancetta che, complici le amnesie del pacchetto arretrato, hanno fatto saltare il banco. Quando eravamo pronti e felici di scrivere una storia, ci siamo trovati nello sconforto più totale a raccontarne un’altra. E’ la crudeltà del calcio, un signore che si fa amare o odiare, ma che di sicuro non guarda in faccia nessuno. In questo momento, il Verona meno di chiunque altro. Diversamente, con il Bologna avremmo vinto noi. La squadra, così com’è, è un imballo che porta la scritta FRAGILE sui suoi lati: al primo scossone ci mette davvero poco ad andare in frantumi.

La situazione si è fatta pesante come l’aria che si respira attorno all’Hellas. L’ambiente è in ebollizione, il coperchio sulla pentola è saltato quando la protesta della tifoseria è sfociata nella rabbiosa, ma composta, contestazione di lunedì sera. Il popolo ha invocato a gran voce la testa di Fabio Pecchia, il grande accusato insieme al ds Fusco e al presidente Setti. Il tecnico stesso, in sala stampa non sapeva ancora se avrebbe guidato l’allenamento l’indomani. Solo pochi minuti dopo la mezzanotte è arrivata la sua conferma da parte di Filippo Fusco. Una serata nefasta e convulsa, una notte insonne trascorsa nei tormenti.

La squadra è ora in ritiro a Collecchio, al riparo dai venti di bufera, a preparare il D-day di sabato pomeriggio a Reggio Emilia con il Sassuolo. Ultimo appello, la gara del Mapei sa tanto di sentenza definitiva, di Cassazione. Se si pensava al cambio di panchina, il momento opportuno sarebbe stato dopo Cagliari, con all’orizzonte due settimane di lavoro per la pausa (nefasta pure quella) della Nazionale.  Si è deciso di continuare. La partita col Bologna ha almeno detto che la squadra sta con l’allenatore.

Sassuolo sarà il tribunale chiamato ad emettere il verdetto da archiviare in giudicato. A un gentiluomo e un serio lavoratore come Fabio Pecchia va tutta la nostra stima; un uomo perbene con cui è un piacere discernere non solo di cose di calcio. Umanamente ci dispiace molto vederlo sottoposto a un tal martirio mediatico. Sono le regole non scritte, la Common Law che legifera sul mondo del (nel) pallone Lo sa bene anche lui, come del resto crediamo sappia pure che il Verona viene prima di chiunque e di qualunque altra cosa.  Ora giochiamoci questi novanta benedetti minuti. Poi, sia quel che sia. 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 22 novembre 2017 alle 20:00
Autore: Lorenzo Fabiano
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