Da quando è tornato in serie A l’ultima volta, il Bologna viaggia alla sconfortante media matematica di una sconfitta ogni due gare: 43 su 88. Solo i decimali non decretano la ritualità del ko ad intermittenza regolare. Ma questo non significa che quando occorreva davvero vincere ad ogni costo, i rossoblù non ci siano riusciti. Ciò che ha salvato la squadra dal naufragio è stata infatti la capacità di risollevarsi nei confronti diretti. «Primi nella colonna di destra», si diceva un tempo, per edulcorare l’immagine di un campionato tendente al mediocre, dall’undicesimo posto in giù.

Il cammino dell’ultimo biennio ha rafforzato la tendenza: a parte Napoli e Milan, due vittorie a cavallo tra il 2015 e il 2016, il Bologna ha sistematicamente fallito gli attacchi alla metà sinistra della classifica, rivelandosi invece come forza primaria solo contro le ultime quattro della categoria: trenta punti in sedici incontri sono infatti il bottino accumulato in due campionati contro Frosinone, Verona, Carpi e Udinese (le peggiori quattro del 2016) e Palermo, Pescara, Empoli e Crotone (nel 2017). Dovesse affrontare solo avversari di questo tipo, il Bologna avrebbe una media da Europa League. O addirittura più alta, come dimostra quest’anno il poker di successi contro Benevento, Sassuolo, Spal e Genoa, quattro vittorie che hanno costruito quasi per intero l’attuale classifica, un dodicesimo posto con quattordici punti.

Ecco perché la sfida di lunedì al Verona, che oppone due squadre provenienti da quattro sconfitte consecutive, diventa uno snodo fondamentale della gestione Donadoni. Nel suo biennio alla guida del Bologna, il tecnico ha imboccato solo due volte la strada della crisi: accadde nella seconda metà di marzo 2016 (tre sconfitte di fila con Inter, Atalanta e Verona) e nella prima di febbraio 2017 (quattro ko consecutivi, compreso il famoso recupero contro il Milan ridotto in nove, perso in extremis con la rete di Pasalic).

Andare incontro alla quinta sconfitta non sarebbe solo un record, ma indurrebbe nella dirigenza riflessioni che al momento nessuno ammette di voler inaugurare. La convinzione del governo di Casteldebole è che le quattro sconfitte non siano frutto di una crisi di gioco e che il tecnico non possa esserne incolpato completamente. In fondo, sottolineano ai vertici, il Bologna sta pure marciando con un punto in più rispetto all’anno passato. Tutto vero.

Ma lunedì sera qualcuno tra Bologna e Verona potrebbe esser costretto a meditazioni profonde, o drastiche decisioni. In riva all’Adige, nessuno se lo nasconde, è una partita che vale doppio. Pecchia, di fatto, si gioca la panchina. Non ancora Donadoni, che gode della fiducia della proprietà e ha pur sempre un contratto anche per la prossima stagione. Nel suo curriculum, però, spicca il visibile calo di competitività con le squadre più forti: 20 punti strappati alla metà sinistra della classifica nel 2015-16, 9 lo scorso anno, solo 2 finora (nei pareggi contro Torino e Inter).

Mantenendo questa inerzia, è impossibile contemplare passi falsi con le rivali dirette come il Verona. Il rischio, altrimenti, è quello di riscrivere da capo il copione delle ambizioni. E ributtarsi in una lotta salvezza che tutti pensavano di aver abbandonato da tempo.

Sezione: Avversari / Data: Gio 16 novembre 2017 alle 11:00 / Fonte: La Repubblica
Autore: Giorgia Segala
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