Benevento e Verona tornano in Serie B. Che cede alla massima serie l'Empoli, dopo un solo anno di purgatorio, e il Parma, fresco di triplice promozione. Con campani e veneti scende anche il Crotone, habitué della cadetteria. In attesa della terza promossa dalla B: delle sei squadre che partecipano ai playoff, invece, soltanto tre erano in B l'anno scorso. Bari, Cittadella, Perugia: sesta, settima, ottava. Le favorite, in sostanza, vengono dalla Serie A o dalla Serie C. Discorso cervellotico? Forse, ma il riassunto è semplice.

La Serie B è un punto di passaggio, o un limbo in cui rimanere imprigionati. Chi sale in A fa fatica e quasi sempre retrocede. Chi arriva dalla C può ambire a una promozione diretta (Benevento, SPAL, Parma). Il divario fra la terza e la seconda serie è minimo, a livello tecnico: Lecce, Padova e Livorno saranno protagoniste anche l'anno prossimo. Quello tra la seconda e la massima serie, invece, è drastico: si sale per salvarsi, nel migliore dei casi. E poi continuare a lottare per questo.

I motivi?

Tanti, impossibili da riassumere in poche righe. Ci sono quelli sportivi: l'entusiasmo di chi sale dalla Serie C, fattore umano troppo spesso valutato. Ci sono le spiegazioni strutturali: il passaggio dalla C alla B, per un club, è il meno drammatico in assoluto. Gli scalini veri, nel nostro calcio, sono due: dal dilettantismo al professionismo, e poi dalla B alla A. Nel mezzo, bastano pochi accorgimenti per affrontare la nuova sfida. Anche a livello economico: paracadute e diritti tv segnano il solco dall'alto. Chi arriva dal basso, invece, può tenere costi strutturali bassi e investire sui calciatori. È una stortura? Probabile, perché il doppio salto sa tanto di passo più lungo della gamba. E a quel punto nessuno si può sorprendere, se una squadra abituata alla C fa fatica in A.

Sezione: Rassegna / Data: Mar 22 maggio 2018 alle 09:00 / Fonte: TuttoMercatoWeb
Autore: Enrico Lamonea
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