Alessio Cerci si sfoga e, dopo la sconfitta del Ferraris che ha razionalmente mandato in B il Verona, ci tiene a mettere i famosi puntini sulle i. A cominciare da quell’infortunio che gli ha impedito di giocare a calcio per tre mesi. «Ne ho lette e sentite troppe, voglio fare chiarezza», attacca Cerci. «C’è chi dice che sono finito, che me la sono presa con calma. Non è così, le cose sono andate diversamente. Quando mi sono fatto male, è stata evidenziata una lesione muscolare di primo grado. In realtà, era di secondo grado, mi ero quasi strappato. Quando sono andato a Villa Stuart me l’hanno confermato. Lo staff sanitario ha sbagliato la prima diagnosi e sono stato curato male». Eccola la verità di Alessio che non riesce più a tenersi dentro la frustrazione dei mesi passati ai margini per un problema fisico che si poteva affrontare in modo più adeguato. «Sono stato curato male, il responsabile è il dottore. Non a caso sono andato a curarmi a Roma, a Villa Stuart mi hanno detto che avevo quasi uno strappo.

LA SOCIETÀ

Altro che lesione di primo grado. Una delusione, quella dell’attaccante, che comprende anche le vicissitudini societarie. «Forse, il club è deluso da me. Potevo e dovevo dare di più. La Serie A è un campionato a parte rispetto alla B. Ci vogliono i giocatori giusti, preparati e con esperienza. Da questo punto di vista, è evidente che qualche errore è stato fatto». Ad esempio, quello di non avere un parco attaccanti in grado di segnare. L’equazione è semplice, basta guardare il misero score dell’Hellas. «Ma un attaccante ce l’avevamo», sospira Cerci ripensando a Pazzini. «Sono scelte che ha fatto la società, non voglio entrare in merito. Certo, lui di gol in A ne aveva fatti parecchi. Io, invece, la punta non l’ho mai fatta».

MERCATO DIFFICILE

Un rammarico che fa il paio con quel mercato che, a gennaio, ha indebolito la rosa. «Sono stati ceduti giocatori importanti, dei titolari, chi li ha rimpiazzati doveva dare di più, me compreso. Non voglio creare polemiche, per carità, ma la penso così». Impossibile non ritornare, inoltre, su quel siparietto con Pecchia al momento della sostituzione contro il Bologna. «Al mister devo tutto, lui mi ha voluto a Verona, ho un ottimo rapporto con lui e sono dispiaciuto per tutto quello che gli viene imputato. È stato massacrato tutto l’anno, avrei voluto fare qualcosa in più anche per lui. Al Dall’Ara gli ho solo detto che quando mi sento bene ho bisogno di stare in campo per giocare e trovare continuità. Ma lo capisco, ha voluto sostituirmi per evitare che avessi ricadute». Infine, Fusco e le dimissioni dell’ex ds dopo la sconfitta di Benevento. «Anche con lui ho un bel rapporto e posso parlarne solamente bene», racconta Cerci. «Certo, lasciare a otto giornate dal termine è una scelta discutibile. Era meglio se restava con noi, ma è una decisione che va accettata».

RETROCESSIONE VICINA

 La matematica ancora non lo dice, il campo sì. L’Hellas scivola verso la cadetteria, una cosa mai accaduta prima d’ora nella carriera di Cerci. «Mi viene da piangere», ammette l’ex Roma e Atletico Madrid. «Sono tanto deluso, la squadra aveva le potenzialità per provare a fare un campionato diverso. La mia stagione, a causa dell’infortunio, è andata calando. Ci sono state partite in cui, se fossi stato bene avrei potuto dare il mio contributo, invece ho dovuto fare da spettatore. Mi dispiace tanto per come stanno andando le cose», chiude il mancino romano, «vorrei salvare questa squadra, se non ci riuscirò sarà anche un mio fallimento personale»

Sezione: Rassegna / Data: Mar 24 aprile 2018 alle 12:30 / Fonte: L'Arena
Autore: Enrico Lamonea
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