A incoraggiare l’Hel­las certi confronti con il passa­to che spiegano come la scintil­ la scocchi all’improvviso, per scatenare rimonte a suon di gol. Lo stesso Bui aveva totaliz­zato, dopo quattordici giorna­te, solamente due reti. Poi ven­ne il lieto fine. Gli infortuni ta­ gliarono fuori per poco meno di un girone Domenico Penzo, nel 1981­82, e Totò De Vitis, nel 1995­96. Fu, in ambedue i casi, Serie A: Penzo siglò 15 gol, De Vitis 13. Determinante, in assenza dei due tiratori scel­ti, fu l’apporto degli altri attac­canti. Mauro Gibellini ne fece 6, finché Penzo non rientrò, e furono 13 al termine del cam­pionato. Fabrizio Cammarata, Nicola Zanini e Stefano Ghirar­ dello, poi ceduto, a novembre 1995, allo Spezia, si distribuirono il carico con De Vitis fuo­ri. Il ritorno di Totò, un califfo del gol, cambiò tutto. Nel Vero­na di oggi l’affinità con la porta è flebile, eppure gli interpreti ci sono. Se a viaggiare in classe élite sono il Brescia di Donna­rumma e Torregrossa, il Lecce di Palombi e La Mantia (con Mancosu), il Palermo del trio Nestorovski­Trajkovski­Puscas e il Pescara di Mancuso (e Mo­ nachello), il richiamo alla dura legge del gol non è mai un erro­re.

Sezione: Rassegna / Data: Gio 06 dicembre 2018 alle 11:00 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Stefano Bentivogli / Twitter: @sbentivogli10
vedi letture
Print