É il Carnevale dei matti. Quello dei signori è rimasto in Laguna. C’è poco da ridere per il Venezia, che sprofonda con un solo punto nelle ultime cinque partite. La festa è tutta del Verona che riscatta la sconfitta di Lecce e risale in classifica rimettendosi in corsa per la promozione diretta. E non solo peri tre punti, perché anche la prestazione è stata eccellente e questa è la cosa che più sta a cuore a un Grosso che comunque resta inviso al Bentegodi. Il risultato gli sta anche stretto, ma attenzione: il Venezia ha di che recriminare.

RIGORI Partiamo subito da quattro casi che si sono verificati nelle due aree. Sull’1­0, nel primo tempo, il Verona ha reclamato (nemmeno troppo platealmente, in verità) due rigori: uno per uno sgambetto a Pazzini da parte di Coppolaro, un altro per un mani di Zampano mentre stava contrastando Di Gaudio. Diciamo la verità: soltanto la Var avrebbe potuto aiutare Piscopo. Lo stesso arbitro ha deciso ­ in questo caso giustamente ­ di assegnare la massima punizione nella ripresa (13’) allo stesso Verona per una trattenuta di Segre: sul dischetto è andato Pazzini, che però non ha angolato la botta e Vicario si è superato. Piscopo avrebbe potuto concedere il rigore anche al Venezia nella ripresa, quando dopo un cross dalla sinistra Bocalon è stato trattenuto da tergo mentre si stava girando: veementi in questo caso le proteste. Che alla fine diventeranno il succo delle recriminazioni della squadra di Zenga.

BUON VERONA Le assenze in difesa (dopo Crescenzi e Marrone, alla vigilia è stato male Dawidowicz e nel riscaldamento è andato k.o. Vitale) non si sono sentite. Grosso ha alternative affidabili e ha tenuto come sempre la linea piuttosto alta, correndo pochi pericoli. E approfittando di un’impostazione iniziale negativa del Venezia (solo Lombardi, un attaccante, a coprire la fascia sinistra) ha trovato la rete: lancio per Pazzini, palla più o meno volontariamente verso Di Gaudio, che ha anticipato lo stesso Lombardi e infilato. L’ex di Carpi e Parma è stato l’arma in più, con tentativi martellanti e sempre minacciosi, come ha pur fatto dall’altra parte un Lee che però al momento del tiro non ha mai inquadrato la porta: quando l’ha fatto, nel primo tempo, è perché forse voleva crossare e la palla ha colpito la traversa (29’).

VENEZIA ANEMICO Anche Zenga aveva una difesa inventata (out Modolo, Domizzi e Garofalo) e ha scelto la linea a tre, chiedendo a Lombardi di abbassarsi a sinistra. Una scelta che non ha funzionato, tanto che dopo il gol il tecnico ha cambiando passando al 4­3­3 (Zampano a destra, Cernuto a sinistra, Lombardi in attacco) e poi al 4­2­3­1 (Segre avanzato alle spalle di Bocalon). Gli effetti si sono visti al 39’, quando proprio Lombardi si è accentrato e ha scagliato un missile che ha costretto Silvestri alla paratona. Meglio ancora nella ripresa, quando Segre è tornato al suo posto in mediana (fuori Bentivoglio) e si è sentita la verve di St. Clair. Zenga ha girato più volte gli esterni, ha messo Vrioni e Citro per dare un appoggio a un Bocalon impalpabile che, oltre al rigore invocato, s’è visto solo per un tiro dal limite preda ancora di Silvestri. Nella ripresa la gara ­ come gioco ­ è stata equilibrata, ma le occasioni le ha avute tutte il Verona che ha sfiorato (rigore fallito a parte) più volte il raddoppio, che ci sarebbe stato. Troppo anemico il Venezia, incapace di creare opportunità. Lontano dal Penzo la squadra di Zenga non va: solo 7 punti, ne hanno fatti di meno in trasferta solo Padova (6) e Cremonese (5). Meglio tornare a Sant’Elena, e non per il Carnevale: nel prossimo turno arriva il Palermo...

Sezione: Rassegna / Data: Lun 04 marzo 2019 alle 12:00 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Stefano Bentivogli / Twitter: @sbentivogli10
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