Sta per iniziare la settimana più lunga per Fabio Pecchia e il suo Verona. Lunga per via dell'attesa, si gioca in posticipo col Bologna lunedì e lunga perchè in molti fanno fatica a dare un'altra chance al mister laziale. Eppure anche dopo il ko di Cagliari il club ha dato fiducia a Pecchia che vuole vincere quella che sembra essere diventata una battaglia personale, ma in aiuto dell'ex vice allenatore di Benitez arriva pure la tradizione.

SOLO UNA VOLTA. Il pallone, rigorosamente gialloblù, racconta che nella massima divisione i cambi al timone non hanno quasi mai portato i risultati sperati. O arrivarono troppo tardi oppure non cambiarono le sorti della squadra. Senza contare, lo dice la storia ed il numero di presenze, che il campionato più frequentato dai gialloblù è quello cadetto. L'unica volta che fu 46 anni fa, all'incirca in questo periodo. “Renatone” Lucchi fu esonerato da Saverio Garonzi con la squadra affidata ad Ugo Pozzan, grande bomber del Verona anni ’50 e ’60. Il mister di San Martino nella stagione 1970-1971 risollevò l'Hellas che era caduta in cattive acque anche se sotto c'era l'insofferenza fra Lucchi e Garonzi. D'altronde “Il Commendator” era un tipo da prendere con le molle. Fatale fu il ko per 3 a 0 a Foggia. In quell'occasione contro il “suo” Verona segnò perfino Maioli. Pozzan uomo capace e persona perbene portò la squadra addirittura all'undicesimo posto. Per il resto l'esonero in A, non ha mai portato fortuna.

NEL1958. Troppa era la gratitudine nei confronti di mister Angelo Piccioli per la storica promozione dei “blu-gialli”, allora venivano chiamati così per la predominanza del colore più scuro sulla maglia, per avvicendarlo prima. Poi la squadra aveva sempre lottato, pagando a caro prezzo l'infortunio di Bagnoli. Vennero chiamati per le ultime cinque partite Guido Tavellin e Luigi Bonizzoni con la supervisione di Gipo Viani. I gialloblù riuscirono a centrare lo spareggio col Bari. Qui il grande Viani, icona milanista, commise un errore. Portò in ritiro in montagna la squadra per ossigenarsi, mentre il Bari restò a livello del mare. Sia a Bologna che a Roma, campi neutri del doppio spareggio però le temperature erano tropicali visto che si giocò il 17 e il 24 luglio. Baresi favoriti e gialloblù sulle gambe, fu retrocessione.

NIENTE MIRACOLO. Nella stagione '78-'79 iniziò il disimpegno nel Verona di Saverio Garonzi. Meno soldi del solito e tutti i senatori dei favolosi anni ’70 liberi o quasi di andarsene. Il benservito arrivò per Zigoni, Luppi, Busatta, Bachlechner, venduto a peso d'oro al Bologna e Maddè. In panchina venne chiamato Pierluigi Mascalaito, l'uomo della promozione con il Catanzaro a Terni che negli ultimi tre anni aveva fatto da vice a Ferruccio Valcareggi. Direttore tecnico ed in panchina andava Guido Tavellin per problemi di tesseramento con Mascalaito. Il cambio qui fu tempestivo alla nona giornata ma Beppone Chiappella non fece il miracolo.Hellas in B.

LIEDHOLM NON SERVIRÀ. Stagione ’91-'92, Eugenio Fascetti ha una buona squadra per le mani. Purtroppo pagherà a caro prezzo due fattori su tutti: gli errori sotto porta del rumeno Florin Raducioiu, troppo acerbo e l'assenza per molte giornate di Dragan Stoijkovic. A nove giornate dal termine arriverà l'esonero. La soluzione è suggestiva. Sul campo ed in panchina ci sarà Mario Corso, tecnico della Primavera del Verona e grande ex attaccante dell'Inter ma affiancato dal mago svedese Nils Liedholm. Alla fine l'uomo che portò in Serie A a fine anni ’60 il Verona chiude, in pratica, la sua carriera di tecnico vincente in gialloblù. Fra stelle, oroscopi e fortuna, Liedholm parte subito bene. Al Bentegodi il “gollonzo” dell'anno della trasmissione cult dell'epoca “Mai dire Gol” stende il Parma dei campioni. Rinvio in mischia di un difensore emiliano e Renica con il piedone a ribattere in gol. Indimenticabile. Alla fine però i punti persi e le difficoltà di una stagione tribolata, portarono l'Hellas in B.

VIA MANDORLINI. Per la prima volta Maurizio Setti, da quando è divenuto presidente del Verona, esonera l'allenatore. La vittima è Andrea Mandorlini, il tecnico che in gialloblù ha conquistato più punti di un certo Osvaldo Bagnoli oltre a due promozioni in quattro stagioni dalla Lego Pro alla Serie A. Luca Toni si rompe a Bergamo per un intervento durissimo di Stendardo, Pazzini viene “battezzato” dall'interista Melo e Viviani, oggi alla Spal, è sempre in infermeria. Mandorlini è costretto spesso ad allenarsi in nove o al massimo con dieci titolari. I risultati non vengono e viene chiamato Delneri che vince la concorrenza di Corini. L'ex mago del Chievo di Campedelli ha un buon impatto sulla squadra. Arrivano punti importanti ma non sufficienti a risollevare la baracca e poi c'è il rapporto certo non idilliaco fra Toni e l'allenatore. Il cambio fu anche tempestivo ma le soluzioni modeste del mercato incisero pure sul rendimento di Delneri. E purtroppo fu di nuovo serie B. Insomma il Verona ha cambiato poche volte allenatore in Serie A nei 27 tornei disputati prima di quello attuale. Chissà se Setti era al corrente di questa storia. Nella speranza che mister Pecchia sappia risalire la china in campionato o che Setti trovi un altro Ugo Pozzan, ci piace ricordare una frase banale del mondo del calcio. In fin dei conti in campo ci vanno sempre i giocatori.

Sezione: Rassegna / Data: Lun 13 novembre 2017 alle 09:00 / Fonte: L'Arena
Autore: Camilla Dalloco
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