Il match tra Verona e Roma è anche una partita dalle sfide incrociate. Nella storia di entrambi i club, infatti, sono diversi i giocatori ad aver indossato le due maglie. Negli anni ‘70 ricordiamo tra gli altri i vari Sirena, Ginulfi, Orazi, Zigoni, Batistoni, Bet e Franzot mentre in tempi più recenti possiamo citare Berthold, Iorio per finire a Damiano Tommasi.

In vista dell’incontro di domenica sera abbiamo contattato proprio uno di questi, lo stopper Alberto Batistoni. Per l’indimenticato difensore toscano - è nato a San Giuliano Terme il 7 dicembre del 1945 - Verona e Roma rappresentano le tappe fondamentali della sua carriera di calciatore. In gialloblù è arrivato nel lontano 1969 dalla formazione toscana del Cuoio Pelli, voluto proprio dal “Barone” Niels Liedholm che ne aveva apprezzato le doti nelle giovanili della Fiorentina. In riva all’Adige ha conquistato subito una promozione in serie A ed è poi rimasto per altre cinque stagioni, disputate tutte nella massima serie. Successivamente è giunto il trasferimento in giallorosso, al posto di Aldo Bet, che ha fatto il percorso inverso prendendo il suo posto in gialloblù. Nella capitale Batistoni ha disputato altre tre stagioni ad alto livello, prima di chiudere la carriera con le maglie di Cesena e Spezia.

Iniziamo la nostra intervista partendo proprio dalle squadre di oggi e dall’incontro che domenica sera le vedrà una di fronte sul terreno del Bentegodi. « Il Verona sta facendo un ottimo campionato. All’inizio qualcuno lo dava tra i candidati alla retrocessione e, invece, rappresenta la vera sorpresa di questo campionato. Ho visto che finalmente si è sbloccato anche Di Carmine, speriamo che questo sia di buon auspicio. Lo conosco bene da quando era nelle giovanili della Fiorentina e spero per lui che possa fare bene. La Roma ha pagato all’inizio lo scotto del nuovo allenatore, tanti giocatori nuovi e qualche infortunio di troppo. Ora le cose sembrano andare meglio . La squadra, un passo alla volta, ha iniziato a risalire la classifica e ora è a ridosso della zona Champions ».

Facciamo un saldo indietro nel tempo e parliamo dei tuoi sei anni a Verona «Il ricordo più bello è sicuramente il primo anno quando abbiamo conquistato la promozione in serie A. Il Bentegodi era la nostra forza. In casa, infatti, grazie al grande calore dei tifosi gialloblù, in quella stagione non abbiamo mai perso una partita. Ricordo che l’inizio non era stato dei migliori, tanto che per ben quattro mesi siamo stati in ritiro a Rovereto dal martedì al lunedì successivo, con in mezzo la partita di campionato. Quando siamo ritornati a Verona, dopo aver conquistato la promozione nell’ultima partita sul campo neutro di Ferrara ( il Bentegodi era squalificato ndr) non ti dico l’entusiasmo alle stelle della gente. Ricordo ancora tutti i tifosi che facevano il bagno nella fontana di Piazza Bra. Dopo quella promozione, poi,  sono rimasto a Verona per altri cinque campionati, tutti in serie A, dove abbiamo sempre disputato sempre ottimi campionati. Solo l’ultimo abbiamo un pò sofferto ma ci siamo comunque salvati ».

Dopo sei stagioni è arrivato il trasferimento a Roma, sponda giallorossa. Come lo hai vissuto? « Non mi aspettavo di lasciare la maglia gialloblù tuttavia nell’ultima mia stagione a Verona ho giocato molto poco a causa della rottura di un menisco. In quegli anni i tempi di guarigione erano sicuramente più lunghi ma alcune errate cure li hanno allungati ulteriormente. Sono rimasto fuori quasi tutta la stagione per rientrare solo nelle ultime partite. Per pura fatalità o per fortuna - dipende dai punti di vista - in occasione di una partita contro il Cagliari ho dovuto marcare il grande Gigi Riva. La mia bella prestazione ha impressionato favorevolmente Scopigno che l’anno successivo, una volta diventato allenatore della Roma, mi ha voluto con lui in giallorosso. ».

A Roma altre tre stagioni in serie A, sempre da protagonista «A Roma ho vissuto tre stagioni molto importanti. Ironia della sorte ho preso il posto di Aldo Bet che ha fatto il percorso inverso per prendere il mio posto in gialloblù. Dei tre campionati a Roma conservo un bellissimo ricordo. Giocavamo in un stadio Olimpico sempre pieno, sia che si giocasse con il Bologna sia che di fronte ci fosse la Juventua. Il primo anno abbiamo disputato un buon campionato mentre nel secondo siamo arrivati  a concorrere per la vittoria finale con Juventus e Torino. Contro i granata, purtroppo, abbiamo perso entrambe le partite, chissà come sarebbe andata con un risutato diverso. Roma è una piazza fantastica. Ancora oggi mi capita di essere invitato per qualche evento e avverto sempre un clima meraviglioso. Se si ricordano di me, inoltre, significa che ho lasciato un ottimo ricordo e questo mi riempie d’orgoglio.»

Calcio di oggi, calcio di ieri. Ai tuoi tempi, forse, tra voi calciatori era diverso «Tra compagni di squadra di allora sono nati rapporti che durano ancora oggi che sono trascorsi tanti anni. Il motivo? Probabilmente influiva positivamente l’assenza di “primedonne”. Si era tutti sullo stesso piano e questo rendeva più facile aiutarsi, intervenendo l’uno in aiuto dell’altro. Questo atteggiamento rendeva più facile il consolidamento tra di noi del rapporto di amicizia, non solo sul terrreno di gioco ma anche fuori dal campo».

Nella tua carriera - allora si giocava a uomo - come stopper ti  capitava di marcare la punta centrale. Chi ti ha dato più filo da torcere? « Sicuramente Gigi Riva, un attaccante decisamente molto difficile da marcare. Non posso, però, dimenticare giocatori come Anastasi, Chinaglia, Savoldi o Boninsegna». Come erano i duelli ? Senza telecamere scappava qualche colpo “proibito” ? «Sicuramente qualche colpo c’era, ma tutto si svolgeva nella massima lealtà, almeno per quello che mi riguarda. Conservo il piccolo record di non essere mai stato squalificato in oltre 200 partite in serie A. Una volta si scomodò addirittura il grande arbitro Concetto Lo Bello il quale mi fece le congratulazioni per la mia correttezza in campo ». 

Nella tua carriera, come difensore, non sei mai riuscito a segnare un gol. Quanto ti dispiace? « Non aver fatto alcun gol mi rammarica, mi sarebbe piaciuto provare almeno una volta l’emozione. Quando giocavo, tuttavia, avevo la consegna di non superare mai la metà campo quindi, come potere immaginare, era praticamente impossibile per me segnare. Ci sono andato vicino con il Verona in una partita di Coppa Italia contro la Juventus ma il mio tiro da breve distanza venne parato da Zoff ».

Al termine della carriera sei rimasto nel mondo del calcio ? «Ho fatto per qualche anno l’allenatore in categorie minori e poi, per dodici anni, ho svolto il ruolo di osservatore per le Nazionali Giovanili. Ho visto crescere tanti bravi giocatori, uno su tutti l’attuale attaccante del Verona Giampaolo Pazzini. Ora, terminata questa esperienza, faccio il nonno a tempo pieno, con i miei quattro nipoti».

A maggio di quest’anno hai partecipato all’incontro di tutti i giocatori gialloblù che hanno vestito la maglia del Verona negli anni ‘70. Che emozione è stata ? « Rivedere tanti compagni dopo così tanti anni è stata un’emozione unica. Ho, purtroppo, scoperto che alcuni non ci sono più ma ho anche avuto l’occasione di rivedere tanti amici di tante battaglie. Mi spiace per Ciccio Mascetti, che in questo momento non sta molto bene, al quale mando un grande e sincero abbraccio. Saluto anche il mio amico Franco Bergamaschi. Idealmente, comunque, mando un affettuoso saluto a tutti ».

Domenica guarderai la partita ? «Domenica guarderò sicuramente la partita. Spero che sia un incontro gradevole perchè sono due squadre che giocano bene al calcio. Il pronostico è difficile tuttavia, se proprio devo scegliere, confesso che farò un pò di più il tifo per il mio Verona ».

Il cuore gialloblù batte ancora forte.

Sezione: Hanno detto... / Data: Dom 01 dicembre 2019 alle 10:00
Autore: Enrico Brigi / Twitter: @enrico_brigi
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