Gli manca solo il gol. Per il resto, Bruno Petkovic si è inserito perfettamente in una squadra che ha bisogno della sua forza fisica e del suo spirito di sacrificio.
«Non penso a me come ad un singolo, ma come ad un elemento della squadra», spiega l’attaccante croato sintetizzando in una frase un concentrato di rara abnegazione. «Faccio tutto quel che serve e che mi chiede il mister per aiutare i compagni. Fosse anche recuperare più palloni di un mediano».
Insomma, un giocatore votato al sacrificio che, però, non si sottrae ai suoi doveri. «Agli attaccanti, per prima cosa, è chiesto di segnare», ammette. «Mi piace abbassarmi e rifinire, però mi manca il gol. In questo momento, mi accontento di un buon lavoro di squadra per ottenere delle vittorie fondamentali».

Già, però la gioia di festeggiare una propria marcatura non ha paragoni e Bruno, quella sensazione,non la prova da troppo tempo. Novembre 2016, Trapani-Spal in Serie B. Un altro mondo.
«Tutti vogliono segnare, anche i portieri», spiega Petkovic. «Non è una fissazione. Mi pesa, è vero. Non potrebbe essere altrimenti perché sono una punta. Ma in partite come il derby, ad esempio, conta solo il risultato finale».
Una vittoria, quella contro il Chievo, che alla luce dei risultati delle dirette concorrenti diventa ancor più vitale. «Al Bentegodi c’era un’energia speciale. Si percepiva una sensazione diversa», ripensa Bruno. «La squadra ora si conosce meglio e, con i risultati, aumenta la fiducia in se stessi. Stiamo tutti facendo una corsa in più per il compagno che ci sta accanto. Questo ci fa vincere».

Ora arriva il difficile, però. Perché il Verona non si può più fermare e rischiare di vedersi nuovamente chiudere in faccia le porte della salvezza. «Ma quella è un’ansia che si è creata all’esterno», puntualizza il croato. «Ci sono così tante gare da giocare, oltre trenta punti a disposizione. Come si può pensare che basti perderne una per essere morti?».
Il ragionamento non fa una piega. A patto, però, che l’Hellas sia sempre quello visto sabato sera perché con Cagliari, Sassuolo, Spal e Udinese che attendono di far visita al Verona, la salvezza passerà necessariamente dal Bentegodi. «No, passa prima dall’Atalanta», risponde secco Petkovic. «Una partita alla volta, senza fretta».
La calma dei forti, quindi. Una virtù indispensabile per chi ha il compito di far crescere accanto a sé il baby prodigio Kean sulle spalle del quale poggiano le speranze gialloblù. «È forte, fidatevi. Se continuerà ad ascoltare i più grandi, farà strada». Gli conviene.

Sezione: News / Data: Lun 12 marzo 2018 alle 11:45 / Fonte: L'Arena
Autore: Anna Vuerich
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