Verona è sempre lì, anche undici anni dopo. Da allora una vita intera è passata davanti a Gianpiero Ventura. Prima il Bari, quindi il ciclo a Torino. E poi la Nazionale. Successi granata e soprattutto il tonfo azzurro. La sua Italia fuori dai Mondiali. E lui il più grande colpevole. Ogni giorno sul banco degli imputati. E sentenze già scritte, con i fantasmi svedesi sempre a ricordargli la notte di San Siro fra lacrime e i primi interminabili processi.
Verona è ancora uno dei suoi rifugi più autentici, successore di Massimo Ficcadenti alla fine del 2006 senza riuscire ad evitare la retrocessione in Lega Pro. All'Hellas non succedeva da 64 anni. "Se soltanto la Juventus non avesse perso in casa con lo Spezia ai playout, non saremmo neanche andati. Rammarico fortissimo, ma solo uno dei tanti di quella stagione", sbuffa ancora oggi Ventura, ospite in diretta a RadioVerona nel corso di Fuorigioco. Col passato ad intrecciarsi in fretta con tutto il resto.
Ventura, in undici anni il Verona è stato in quattro campionati di Serie A, tre in B e quattro in Lega Pro. La ricetta per chi vorrebbe stabilirsi in alto senza troppi rischi? "Un principio ce l'ho io, lo stesso discorso d'altronde che feci il primo anno al Torino quando l'ambizione era quella di restare in Serie A e crescere nel tempo. Per quel che mi riguarda, soprattutto nel calcio di oggi, non puoi prescindere da una società forte che sappia seguire una programmazione chiara. La base è questa e da qui non si può scappare".
La linea da evitare? "Non è più possibile vivere alla giornata sperando di salvarsi o di vincere il campionato per avere qualche milione in più di diritti televisivi".
Il rischio qual è? "Per chi ragiona in questo modo, il futuro non può essere roseo. Oggi il calcio è fatto di programmi, di conoscenze e di idee. Mai come in questo periodo storico funziona così. Senza far confusione, mi raccomando: pianificazione significa crearsi i presupposti per vincere con continuità, non vincere subito, bisogna programmare e programmare molto bene".
La sua Verona che racconta ancora? "Da lì sono ripartito, con una squadra ultima in Serie B ed una squadra a cui riuscì una rimonta incredibile. Con un gigantesco rimpianto che ho ancora dentro. E con un ricordo sempre vivissimo".
La fotografia di quelle due partite di playout con lo Spezia? "Andarono male semplicemente perché era destino, in quelle due gare la salvezza l'avevamo meritata assolutamente noi. Al di là di tutto, quel che s'è creato con Verona nessuno potrà mai cancellarlo".
E la lezione del Bentegodi? Tutti in piedi nonostante l'atroce delusione... "Gli applausi di tutto lo stadio li sento ancora. Ho avuto la fortuna di vincere sette campionati, di passare tante volte dalla Serie B alla Serie A, di riuscire a guidare anche la Nazionale. Quel giorno però, quel ringraziamento della gente per quel che avevamo comunque fatto e quel rapporto con la città restano ancora oggi uno dei momenti che più mi ha emozionato. Mancò soltanto un pizzico di fortuna. Quella salvezza l'avremmo meritata tutti".
Il Verona di oggi le piace? "Grosso è un allenatore con delle idee e la società ha preso giocatori assolutamente importanti per la Serie B. SU questo non ci piove. L'Hellas ha il diritto, direi quasi il dovere, di essere fra le favorite per la promozione. Le parole poi se le porta via il vento, nella realtà conta il campo insieme a tutto il resto. Di sicuro l'organico è competitivo. L'Hellas sarà fra le grandi protagoniste del campionato".
Cosa farà realmente la differenza? "La Serie B si conquista partita dopo partita. È una lunga marcia. Io l'ho vinta tre volte e persa altre tre per un punto solo, l'esperienza mi dice questo. Essere attrezzati per il salto non vuol dire averlo già fatto. Di certo ci sono tutti i presupposti. Importante sarà anche giocare con una certa consapevolezza dei propri mezzi. E il Verona ne ha tanti".
Davvero accetterebbe anche una panchina di B? Magari tornerà presto a Verona da avversario... "Certe mie dichiarazioni sono state riportate male. Sono fermo dopo una vita, come mi era capitato solo per sei mesi prima di accettare il Verona. Così mi è stato chiesto se pur di interrompere questo periodo avrei potuto prendere in considerazione anche una proposta da parte di una società di Serie B. La categoria a dire il vero sarebbe relativa, adesso avrei solamente voglia di riprenedermi quello che avevo prima della Nazionale. Voglio guardare avanti".
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