«Se un giorno l’Inter mi dovesse chiamare, potrei anche morire». No, Walter, l’Uomo Ragno non potrà essere ucciso proprio dalla Beneamata. Sarebbe un paradosso. E comunque non ora che Zenga sta per esordire in Serie B alla guida del Venezia nel derby contro il Verona. Domani, infatti, si apre la nuova avventura dell’ex portiere nerazzurro che ha preso il posto di Stefano Vecchi.

ZENGA Non sarà solo derby veneto, ma anche confronto generazionale tra due azzurri che hanno unito una Nazione in due epoche differenti. Dall’altra parte c’è Fabio Grosso, il secondo urlo più famoso di sempre del calcio italiano. Dopo Marco Tardelli (1982), il suo (2006). Adesso le urla hanno un’accezione quasi sempre negativa, portano a rimproveri e non gioie. E quelle di Walter e Fabio finirebbero per assomigliarsi. Invece i due hanno profili decisamente differenti. In una delle tante interviste rilasciate Zenga disse queste parole: «I giornalisti si lamentano sempre dei giocatori banali e SerieB

LA SFIDA quando arriva uno che sa tenere in mano un microfono lo accusano di fare la star. Sono state tutte esperienze, non mi pento di nulla». Quando tra quelle esperienze rientrano anche trasmissioni tv e radiofoniche, mica solo quelle sul campo a parare. D’altronde le qualità sono sempre state limpide: tecniche, fisiche, caratteriali. La spettacolarità delle sue parate non scendeva a compromessi con la concretezza . L’Inter è stata (per lui lo è ancora) la sua famiglia. Ha vinto molto e molto soffre nel non poter provare a sedersi su quella panchina. La Nord di San Siro è il suo ideale cuscino nel quale appoggiare la guancia sentendo il nome rimbombare felicemente. Con la Nazionale ha giocato 46 partite tra il 1986 e il 1992. Lui, il mare, si è infranto su due semifinali, gli scogli, indossando la maglia azzurra. Nel 1988 contro l’Urss, campionato europeo, e due anni dopo contro l’Argentina, campionato del Mondo in casa. Ma il mare non si stanca di riprovarci e terminata la carriera da giocatore inizia quella di allenatore. «Sono diventato un uomo più ricco senza calcio italiano»—disse una volta. Ma la ricerca più intima non era quella di una ricchezza materiale. Dentro voleva (e vuole) dimostrare di poter stare ad alti livelli anche in panchina. Ora il Venezia, dopo l’ultima retrocessione dalla A con il Crotone. Esordirà in B con il 4-3-3, secondo ciò che ha provato in questi giorni a Venezia, con il dubbio se Falzerano sarà mezz’ala o ala destra. Intanto ha portato gli stimoli a una squadra un po’ scarica dopo l’avvio di stagione. Nel suo staff è entrato anche Andrea Turato che lascia gli Under 16.

GROSSO L’immagine più esplosiva di Grosso, mediaticamente parlando, risale al 2006, quando sbatte la Germania di fronte alla realtà. L’Italia va in finale (Del Piero segnerà il 2-0) dove lui timbra anche il rigore decisivo per battere la Francia. L’apice da calciatore lo ha raggiunto a Berlino, abbracciato da un Paese intero. Resterà per sempre il suo indice a dire «no» dopo il gol alla Germania, la sua corsa, la sua incredulità. In panchina parte con la Primavera della Juve, vince un Viareggio e poi passa a Bari uscendo al primo turno dei playoff. Se l’immagine di Grosso è meno d’impatto rispetto a quella di Zenga, almeno sul piano tattico partiranno alla pari: anche l’Hellas vestirà il 4-3-3 per cancellare i due k.o. consecutivi pre-sosta.

Sezione: Focus / Data: Sab 20 ottobre 2018 alle 08:00 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Anna Vuerich
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