Fate largo che passiamo noi. E’ il vecchio che avanza. Sgomita, segna, si prende la scena. A dispetto di tutti, alla faccia di chi è rimasto indietro. Highlander mai domi, intramontabili, cannonieri per tutte le stagioni. Non c’è niente da fare: Bologna e
Verona dipendono dal loro estro, dai loro gol, dal loro modo di piazzarsi al centro dell’attacco. Palacio, di anni 35. Pazzini, di anni 33. Sono di un’altra generazione, ma questa se la infilano nel taschino.
Sembravano finiti, invece no. Seconda giovinezza, si chiama così. Per le rottamazioni si prega di ripassare a data da destinarsi. Alla ripresa del campionato c’è Verona-Bologna. Se questa partita fosse un poster, sarebbero loro le due «guest
star» ritratte in primo piano, a braccia conserte, di tre quarti, mentre guardano lontano con aria di sfida.

RODRIGO INDISPENSABILE
Palacio è arrivato a Bologna all’ultimo giro di mercato. Chiesto, voluto, preteso, da Donadoni. Subito in campo, per dimostrare che senza di lui il Bologna perde spessore, personalità, peso specifico. Ci ha messo meno di due mesi a conquistare il Dall’Ara. Doveva fare da balia a Destro, ha messo la freccia e l’ha superato in surplace. Donadoni lo elogia: è la sua coperta di Linus. Senza Rodrigo, si sente più solo. I compagni lo ammirano e in ritornello ripetono: è un esempio per tutti. Palacio nella classe di Castel debole è il compagno di banco «secchione » che però non se la tira. Ha segnato due gol. Gli stessi che aveva messo insieme nei suoi ultimi due anni nella Milano nerazzurra. A Firenze, stoccata secca, da vecchio rapace. A Marassi, con il Genoa: contropiede da manuale, fuga in solitudine, l’avversario respinto con una «fisicità» da ventenne, il tiro di esterno destro, cadendo a terra, roba da giocolieri.

IL PAZZO TRA GOL E POLEMICHE
Pazzini
a Verona ad un certo punto non è sembrato più necessario. All’inizio pensavano quasi tutti di poterne fare a meno. Primo fra i tanti: Pecchia. Ha giocato sei partite su dodici da titolare. Il «Pazzo» immaginava che il posto gli spettasse, a prescindere. Se Palacio con Donadoni va d’amore e d’accordo, il rapporto tra Pazzini e Pecchia è - diciamo così - teso, vedi alla voce esultanze polemiche del centravanti nei confronti dell’allenatore. La pace armata è un FIlo sottilissimo, pronto a spezzarsi da un momento all’altro.
Quattro i gol segnati finora, ma sono esattamente la metà di quelli dell’Hellas. Tutti su rigore. Se i gol di Palacio hanno portato in casa- Bologna tre punti, quelli di Pazzini uno soltanto, nel rocambolesco FInale di Torino, da 2-0 a 2-2 in un battere di ciglia. Per il resto, lampi nel buio.

DESTINI INCROCIATI
A Genova i due si sono affrontati in due derby. Uno l’ha vinto Palacio: Genoa-Sampdoria 3-0, 28 novembre 2009. L’altro
l’ha vinto Pazzini, Sampdoria- Genoa 1-0, 11 aprile 2010. C’è stato un tempo nemmeno troppo lontano in cui Palacio e Pazzini si sono persino sfiorati, e avrebbero potuto giocare insieme. Pazzini arriva all’Inter - dalla Sampdoria - nel gennaio del 2011: Benitez è appena stato cacciato, al suo posto in panchina c’è Leonardo. Il «Pazzo» segna a ripetizione: 11 gol in 17 partite. L’anno dopo è quello del patatrac, con Gasperini, Ranieri e Stramaccioni che si danno il cambio in panchina.
Pazzini si affloscia. Nell’estate del 2012 passa al Milan. Quell’estate l’Inter compra Palacio dal Genoa. «El Trenza » rimarrà a Milano cinque anni, fino alla scorsa estate, prima di trasferirsi a Bologna per un’avventura che avrebbe dovuto accompagnarlo con modalità part-time verso il tramonto della carriera e che invece l’ha riproposto come elemento indispensabile nello scacchiere di Donadoni.

Sezione: Focus / Data: Sab 11 novembre 2017 alle 11:00 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Ilaria Lauria
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