Cittadino onorario di Verona. «Mi sono sempre sentito come a casa, adesso ancora di più. Anche se in fondo ero già sindaco, vero?», la battuta sempre pronta di Preben Elkjaer dalla sua Copenaghen, svelta come una delle sue epiche galoppate, in una mattina solo all’apparenza come le altre, dopo che il consiglio comunale ha votato all’unanimità la proposta del consigliere comunale Andrea Bacciga di legare per sempre a Verona una delle più grandi leggende dell’Hellas e del calcio mondiale.

«Un grande orgoglio», l’emozione di Elkjaer, «sento Verona ormai sotto la mia pelle. Me ne sono innamorato col tempo. Conoscendo la sua gente, ascoltandola, rispettandola, apprezzandone i modi sempre gentili».

La prima richiesta per Verona ora che è cittadino onorario? «Vedere sempre l’Hellas in Serie A. Semplice. Magari con Bagnoli a far l’allenatore. Lui prima di tutti mi fece capire che ero arrivato nel posto giusto».

È diventato veronese trent’anni dopo suo figlio… «Curioso, ma lui è nato al Policlinico di Borgo Roma. Dieci anni fa s’è anche tatuato i due mastini gialloblù. Un veronese di Copenaghen».

La sua cartolina di Verona? «Guardarla dall’alto, salendo sulle Torricelle. Da Castel San Pietro la vista è fantastica.Ma la città è anche molto altro».

Com’è la vita a sessant’anni? «Bella, anche se era meglio a trenta. Faccio l’opinionista a TV3, la maggior pay tv danese. Mi tengo impegnato lavorando per due ditte che producono soprattutto regali aziendali. Mi piace l’arte, vado anche a tante mostre. E mi godo la mia verdissima Danimarca. Dove tutti vanno in bicicletta, dove le piste ciclabili sono più grandi delle strade. Non sempre, ma la bici la prendo anch’io».

Il Pallone d’Oro resta un rimpianto ancora oggi? «Sono arrivato secondo, terzo e quarto. Mai primo, ma vuol dire anche che ero meglio di tanti altri. In quei tre anni ha sempre vinto Platini. Un grande, niente da dire. Lui però era francese, non danese. E giocava nella Juve, non nel Verona».

Gioca ancora? «Ho smesso tanti anni fa, ma adesso non metto nemmeno più piede in campo. Il calcio è dei giovani».

La Juve ai suoi occhi è quella del gol senza scarpa o dell’eliminazione in Coppa dei Campioni? «È tutte e due. Quel gol resta indimenticabile, per me ma anche per tanta gente. Grandioso essere ricordato per quell’attimo. Quel che accadde a Torino in Coppa Campioni però non può che farti arrabbiare ancora. La combinarono troppo grossa. Semplicemente non ci fu nulla di giusto quel giorno, viste certe decisioni arbitrali. Non doveva finire in quel modo».

Cosa cambierebbe nel calcio? «La distanza che c’è oggi fra i giocatori e i tifosi. Lavoro per una televisione, conosco le limitazioni di oggi per i giornalisti anche per poter fare un’intervista con un calciatore. Figurarsi stare a contatto con le persone. Sbagliato, perché il calcio è di tutti».

Preoccupato per il suo Verona? «Non proprio, ma tornare in A subito non sempre è così facile come è stato l’anno scorso. Niente è sicuro nel calcio, neanche se sei l’Hellas e hai vinto uno scudetto. In A è più semplice rimanerci che andarci. Un grandissimo peccato questa retrocessione, soprattutto per il momento storico che vive Verona».

Due velocità diverse? «Esattamente. Verona è una città europea ormai. Piena di turisti, come a Firenze. Ogni anno a Verona arrivano per esempio più di cinquantamila danesi. Tanti. C’è la storia, c’è la lirica, c’è l’arte, c’è il Lago di Garda, c’è la Valpolicella. C’è tutto. Un posto speciale. E il Verona deve correre di pari passo. Il calcio non è più solo un gioco ed una passione. Oggi il calcio è azienda ma è anche vita di tutti i giorni. E Verona merita di avere l’Hellas al livello della città. L’Hellas deve crescere come Verona».

Messaggio al presidente Setti? «Voglio parlare ai tifosi soprattutto. Dire a tutti di rimanere quelli di sempre, anche se gli ultimi anni sono stati spesso una sofferenza. Bisogna continuare a credere nella propria fede. Il loro calore è indispensabile per tornare in alto».

C’è chi vuole attendere il mercato prima di abbonarsi… «Posso capire, ma lo trovo sbagliato. Anche nei momenti brutti è necessario stare a fianco al Verona. Lo so, sono tutti tristi. Io per primo, ma questo è il calcio. Arriveranno tempi migliori».

I suoi prossimi Mondiali? L’Italia non c’è, la Danimarca sì… «Sono delusissimo, un Mondiale senza l’Italia non è un vero Mondiale. Anche se, lasciatemelo dire, io le partite le ho viste tutte e la squadra le qualificazioni le ha giocate davvero male. Per tutti sarà un rimpianto grande non vedere l’Italia, se penso poi che c’è anche l’Islanda…».

Buffon è stato il portiere più grande di tutti? «Grandissimo, ma ai miei tempi la Juve aveva Zoff. Nell’Inter c’era Zenga e con lui tanti altri. Per fortuna la porta è bella grande, con un attaccante bravo com’ero io non c’è portiere che tenga…».

Sezione: Ex gialloblù / Data: Sab 19 maggio 2018 alle 20:00 / Fonte: L'Arena
Autore: Anna Vuerich
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