La sua Bari non morirà mai, certe imprese resteranno scolpite nella memoria dei tifosi biancorossi. Ma Eugenio Fascetti avverte, comunque, un colpo al cuore per il fallimento del club, dopo 110 anni di storia. Su quella panchina ha lasciato tracce indelebili, conquistando successi prestigiosi. Dalla sua Viareggio «Genio» continua a seguire con affetto la sua ex squadra. «Mi sembra incredibile che, per appena tre milioni, necessari alla ricapitalizzazione, si sia arrivati a far fallire una società come il Bari – dice l’ex allenatore, 79 anni –. Non conosco Giancaspro e non entro nel merito della sua gestione alla guida del club. È evidente, però, che era giunto a fine corsa, se ha deciso di lasciar sprofondare tutto, senza neppure provare a chiedere aiuto e magari salvare quanto era possibile, per passare poi la mano ad altri. Nella mia carriera a Verona e a Firenze ho vissuto sulla pelle i fallimenti di quelle società. E ora posso immaginare il dramma delle famiglie dei dipendenti del Bari».

Qualche analogia tra le situazioni di Verona e Fiorentina e il flop del club di Giancaspro? «Nel 1991 il mio Verona ottenne la promozione in A, camminando spedito durante la stagione, nonostante i debiti accumulati dalla società e un fallimento “gestito” in attesa del passaggio a nuovi proprietari, guidati da Mazzi. Poi disputammo il campionato di massima divisione. Nell’estate 2002 con la Fiorentina eravamo in ritiro a Roncegno, in Trentino, come il Bari lo era sino a pochi giorni fa a Montagnaga di Pinè, in attesa di notizie: sapevamo tutti che c’era il rischio di tornarcene a casa, per la vicenda finanziaria di Cecchi Gori. In effetti, a un certo punto, il capitano Di Livio comunicò che l’avventura era purtroppo finita. Ma il crack del Bari mi ha proprio sorpreso».

Michele Matarrese ha dichiarato in questi giorni che tante volte suo fratello Vincenzo, da presidente del Bari, ha attinto alle risorse della famiglia per salvare la società con interventi ben più onerosi di tre milioni. «I Matarrese hanno garantito quasi 37 anni di calcio a certi livelli. Bari e i suoi tifosi dovrebbero chiedere scusa in eterno a Vincenzo e ai suoi familiari, continuamente offesi, nonostante i sacrifici compiuti per portare avanti la società».

Fascetti, nel momento più triste, può provare a regalare qualche flash di gioia, ricordando le giornate più belle del suo Bari? «La gara del pareggio, pesante sulla strada della promozione in A, a Foggia, con l’arbitro Collina che, per tutelare il nostro portiere Fontana dai tifosi rossoneri, decise nella ripresa di riportare le squadre come schierate nel primo tempo. E poi i successi a San Siro contro l’Inter e soprattutto la notte magica della vittoria sempre contro i nerazzurri, nel dicembre 1999, al San Nicola, con l’exploit del bambino-fenomeno Antonio Cassano, che si manifestò al grande calcio».

Come può ripartire il Bari dalla Serie D? «Guai se sulla nuova società mettessero le mani faccendieri e intrallazzatori vari. I tifosi vogliono sapere tutto, più dei politici verificheranno solidità e serietà di chi proverà a rilanciare “la” Bari. Bisognerebbe prendere esempio da Parma, dove in tre anni sono balzati in A. Anche a Bari ci sono imprenditori seri e potenti a livello economico. Servirà un progetto in prospettiva e tanti soldi, per garantire un futuro importante».

In ogni caso sarà difficile vincere anche in Serie D? «Il blasone e la tradizione di una piazza, che pure è tra le prime 7-8 in Italia, non portano punti in classifica. Ricordo bene quanto soffrì la neonata Florentia in C2. E mi fa un certo effetto pensare che i biancorossi possano disputare le partite di D al San Nicola. Magari allo stadio “Della Vittoria”, diecimila persone si sentirebbero eccome».

È suggestivo che proprio al «Della Vittoria», in curva nord, ieri il sindaco Decaro abbia parlato ai tifosi? «La gente sarà sempre vicina alla squadra. Spero solo che la dura lezione che arriva dal fallimento del Bari si riveli un tesoro per chi è alla guida del calcio italiano». In che senso? «Se io compro o acquisto un appartamento, chiedo o fornisco le dovute garanzie di solidità. Non mi spiego come mai nel calcio, in generale, riescano a intrufolarsi maneggioni che hanno mire che vanno spesso ben oltre il mondo del pallone. Qualcuno, a livello di istituzioni, chiarisca come mai solo in Italia siano necessari mesi o anni per verificare se una fideiussione è sicura e legale oppure è solo carta straccia».

Sezione: Ex gialloblù / Data: Sab 21 luglio 2018 alle 09:30 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Anna Vuerich
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