A partire dall’inizio del campionato, il Verona ha messo bene in chiaro quale sarebbe stata quest’anno la sua caratteristica principale: l’incertezza. Cos’è realmente successo tra Pazzini e Pecchia? Lui rimarrà fino alla fine oppure verrà esonerato? La squadra si salverà? Ci sono problemi nello spogliatoio?
Il punto interrogativo nato con la partita di domenica si collega al gesto che Romulo ha fatto dopo il rigore segnato nella rete del Cagliari: portandosi il dito indice davanti alla bocca, chi voleva zittire il brasiliano? I compagni? Pecchia? I tifosi? Il capitano gialloblù ha fatto sapere ieri che quello era il suo modo di dire che ormai non contano più tanto le parole quanto quello che si fa sul campo. Tuttavia non è chiaro a quali parole si riferisse, perché giocatori e staff non hanno rilasciato molte dichiarazioni nelle ultime settimane di burrasca. Oltre alla conferenza stampa del mister prima della sfida contro il Cagliari, gli scaligeri non hanno certo instaurato un dialogo con l’esterno.

Alla presenza dei giornalisti, Pecchia non ha accettato che con lui e i suoi si parlasse di fortuna in merito alle passate (contate) vittorie. Certo non ci si può affidare alla dea bendata, ai pellegrinaggi a Lourdes e ai santoni dalle tuniche colorate impregnate di incenso, ma è indubbio che il campionato di quest’anno sia stato caratterizzato da un basso livello di prestazioni da parte dei gialloblù. Forse anche il fato ha avuto la sua parte quindi.
La vittoria di domenica è arrivata per un calcio di rigore concesso da Valeri, non su azione. Forse allora anche l’angelo custode del Verona si è svegliato dal suo letargo. Bisogna sperare che questo lungo sonno tra le braccia di Morfeo l’abbia riposato a sufficienza per essere sempre presente e reattivo nelle prossime delicatissime giornate di gara.

A parte il dubbio episodio del gesto di Romulo, domenica il Verona ha dimostrato quello che è il suo valore: non una squadra eccellente, non un gruppo pronto ad affrontare avversari impegnativi, ma un insieme di giocatori che riesce in qualche maniera a portare a casa una vittoria.
Tra tutti i gialloblù, spicca in particolar modo la figura di Franco Zuculini. Non è un campione, non è carne di prima scelta per una qualche “big” della Serie A, ma è un elemento che mette a disposizione dei colori che veste tutto se stesso. Con la grinta (e la chioma) di un leone, lo si vede lottare per la palla come se fosse un naufrago che dopo una settimana a digiuno riesce finalmente a mettere le mani su qualcosa da mangiare. Ogni suo muscolo è impiegato nello sforzo. Anche il cuore.
Non si può dire che i suoi compagni non ci provino, ma non si può nemmeno trasformare l’acqua in vino. Zuculini è il mastino dal quale i suoi compagni e il gruppo scaligero dovrebbero prendere esempio: meno parole affidate ai social, meno discorsi sui punti che mancano per l’obiettivo salvezza, ma più gesti concreti sul campo, lì dove ci si gioca tutto. Meno agnelli, più leoni.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 11 aprile 2018 alle 12:00
Autore: Anna Vuerich
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