È successo tutto durante la visione di “Diego Maradona”, l’ultimo splendido documentario di Asif Kapadia che racconta il periodo napoletano del Pibe de Oro. In una narrazione caratterizzata dalle voci di Diego e da quella di altri protagonisti dell’epoca, tra cui importanti giornalisti stranieri, ecco che, per raccontare della prima partita in Italia del fuoriclasse argentino, questo regista inglese di origine indiana sceglie la voce di un pittoresco cronista locale. E non poteva esserci voce migliore che quella di Roberto Puliero, per raccontare quel Verona-Napoli del settembre 1984, con Briegel ad annullare Maradona e i gialloblù a dare vita a quella cavalcata trionfale che si sarebbe conclusa otto mesi più tardi, a Bergamo, con la conquista di un memorabile scudetto tricolore.

Roberto Puliero è stato figura centrale della nostra città negli ultimi quarant’anni, personaggio poliedrico e dalle mille sfaccettature. Brillante attore, regista teatrale, raffinato poeta ed insegnante, è stato, soprattutto, anche storica voce delle vicende dell’Hellas. Ha raccontato gli anni belli dello scudetto, della “miglior squadra d’Italia” dopo il gol senza scarpa di Elkjær alla Signora, ma ha anche accompagnato i tifosi gialloblù nel periodo buio della Serie C, fino al drammatico spareggio di Busto Arsizio, quando quel gol di Zeytulaev sembrò cogliere di sorpresa perfino lui.

Con la sua immensa cultura, la sua ironia e la sua gentilezza, Puliero ha raccontato gli ultimi anni di Verona. Con la sua comicità semplice, diretta e mai sopra le righe ha preso in giro, in modo pungente ma sempre bonario, esponenti della politica, dello spettacolo e dello sport cittadino. Con i suoi personaggi e le sue imitazioni è entrato nell’immaginario collettivo dei veronesi, simbolo di quel genuino provincialismo che da sempre ci contraddistingue.

Negli ultimi anni ha sofferto molto, prima per la lontananza dalle sue (nostre) amate radiocronache, poi per motivi molto più seri, sui quali ha sempre mantenuto estrema riservatezza e grande dignità. Negli ultimi tempi era tornato ad emozionarci con i suoi racconti del “nostro magnifico Verona”, con la voce più stanca e affaticata, meno energica di un tempo, ma sempre con quella dialettica precisa e puntuale, l’eloquio inappuntabile, le sue esultanze più sofferte ma comunque trascinanti.

Per gran parte dei tifosi dell’Hellas, i migliori ricordi della giovinezza sono legati alla sua voce così teatrale, alle sue radiocronache così folkloristiche. E se a noi un rinvio sbilenco sembrerà sempre “un po’ a capocchia” e un difensore possente avrà “il fisico da autentico granatiere”, se sarà “4-1 il conto dei corner e 0-0 il punteggio che conta” il merito è solo suo. E ringraziandolo per tutto, ci perdonerà se, guardando il mondo che ha appena lasciato, sembrerà forse che “el muro l’è cascà par gnente”.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 20 novembre 2019 alle 10:00
Autore: Giacomo Mozzo
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