L'immagine sconsolata è quella del Garilli il 5 maggio del 2002. Hubner che lo trafigge e lui che cerca, senza più credervi molto, di rianimare ciò che resta del Verona. Fabrizio Ferron, ex portiere gialloblù, dopo più di quindici anni rompe il silenzio e lo fa dalla sua casa di Bologna, città dove ha chiuso la carriera con i rossoblù, prossimi avversari dell’Hellas e dove vive con la sua famiglia.
«Una retrocessione strana ma non mi va di parlarne» dice, «Lo faremo più avanti». Come mai, Fabrizio? «Perché mi fa ancora male e mi hanno fatto malissimo le parole di troppo di qualcuno che è ancora nel mondo del calcio. Accontentatevi, avete avuto pazienza, aspettate ancora un po’. Ne parlerò con voi, magari alla fine di questo campionato perchè vorrei avere lo spazio che merita quella vicenda. Immagino che mi stiate chiamando per il Verona e soprattutto perché al Bentegodi arriva il Bologna, dopo la sosta».
Ferron, che cosa fa? «Da alcuni anni sono nello staff che si occupa dei giovani portieri delle squadre dell’Italia. A parte la nazionale maggiore, tutte le altre. Quindi ho allenato Gollini e, anche se non è il mio compito ho visto tutti i talenti del Bologna. E pure Kean del Verona».
Un giudizio sulla punta gialloblù... «Ha soltanto 17 anni, non può essere il salvatore della Patria, in alcune cose è ancora acerbo. Kean è un ragazzo sveglio, con grandi qualità. È anche forte fisicamente e si muove molto bene. Ripeto al Verona starebbe bene se fosse un giocatore che completa il reparto offensivo ma non avere tutte quelle pressioni tipiche di un bomber affermato».
E Pazzini? «Lo conosco, anche se non è stato mai mio compagno di squadra. Troppo giovane per me. So che è un bravo ragazzo, mai una polemica. Ha fatto grandi cose anche se avrebbe meritato di più. Forse il calcio non è per bravi ragazzi.» Quindi... «Quindi nessuna polemica. A volte si vuole stravolgere il calcio. Dico che una bella difesa ed un buon centrocampo e poi Pazzini e Cerci».
A proposito, ma cosa succede al Verona? Ferron cosa dice? «Dico che quella è una piazza affamata di calcio. Basta un niente e la gente ti segue fino alla morte. Ho visto tifosi piangere dopo lo spareggio e la salvezza di Reggio Calabria. Ho preferito non parlare dopo Piacenza, ma non per questo non sono stato male. Ancora adesso ci penso. Tornando al Verona, sono stupito in negativo: non è una squadra inferiore al Crotone o a quelle che gli stanno sopra in classifica, però adesso devono trovare la vittoria come hanno fatto col Benevento. In fin dei conti bastano tre punti per risalire».
Che Bologna troverà? «Non lo so, alla ripresa del campionato. È un bel mix fra giovani e anziani e poi c’è Donadoni che è una garanzia. Con il Crotone è andata male, ma le gare a volte vengono decise dagli episodi. Ecco, l’Hellas dovrebbe rubare un po’ di determinazione dai calabresi. Se i tifosi gialloblù vedono questo, ti trascinano. Poi però dev’essere brava la società a tener su l’ambiente, perché altrimenti per il Verona è dura. Ripeto: lunedì col Bologna i gialloblù devono vincere».
Nicolas che portiere è? «Lo conosco poco. Forse ha bisogno di continuità. A Cagliari ha parato anche un rigore che poteva essere determinante. Il portiere però non è un corpo estraneo alla squadra. Lui va bene se davanti tutto funziona. I gialloblù pagano anche la mancanza di Bessa: il brasiliano l’anno scorso incantava, ora fa fatica. Ho letto che ha avuto qualche problemino fisico dopo la partita con la Samp, però adesso deve provare ad incidere come ha fatto l’anno scorso».
Si può far calcio senza essere una multinazionale? «Sì, il Chievo lo dimostra. Bisogna avere un’attenta gestione, ma dove è necessario bisogna spendere». Il paragone è con il 2002? «No, ho detto che quando ci risentiremo parlerò a lungo di quell’incredibile retrocessione a 39 punti. Pazzesca. Non ho mai fatto sviolinate a nessuno, son fatto così. Ripeto, i tifosi del Verona meritano più di quello che sta accadendo ora, però mai mollare. La squadra di Pecchia deve restare attaccata al treno della salvezza sino all’ultima giornata».
Così Ferron ha rotto il lungo silenzio. A breve, la verità su quello che accadde alla squadra di Malesani nel 2002. D’altronde se sono stati desecretati numerosi documenti sull’omicidio di JFK, forse sarebbe ora di conoscere come andarono le cose in quell’infausta stagione, nella speranza che il maggio del 2018 sia diverso da quello del 2002
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