Ogni volta si pensa di aver visto il peggio. E invece no. Perché la consunzione del Toro andata in scena a Verona rappresenta un nuovo spartiacque, nel campionato ormai a testa in giù dei granata. E qui, adesso, ormai, è il momento di porsi una banalissima domanda, senza verbo: ma almeno uno straccio di dignità?

Contro la seconda peggior difesa del campionato e contro una squadra insieme contestata e nel pozzo, il Toro si è dissolto, dando solo a tratti, per un pezzo di secondo tempo, la sensazione di avere energie fisiche e mentali sufficienti quantomeno per portare a casa la pellaccia.
Il problema, infatti, non è riconducibile soltanto a una mera analisi numerica, che pone Mihajlovic davanti a Mazzarri nel conteggio dei punti (12 a 11), comparando le medesime partite (WM è subentrato alla prima di ritorno). E non sarebbe esaustivo appellarsi alla maledizione post-derby: che da tre anni a ‘sta parte azzanna e affossa i granata, dopo uno shock in bianco e nero. Perché siffatte ripetitive, nefaste coincidenze non cascano dal cielo ma sorgono dalla terra.
Dai piedi dei giocatori: modesti, se non sono mossi da un fuoco anche solo acceso, se non sacro. Dalla loro testa: mediocre anch’essa, sulla bilancia della personalità. E da un cuore evidentemente troppo povero, quanto a spirito di squadra.
Sarebbe bastato un pizzico in più anche soltanto di amor proprio (e di amore per il colore della maglia e non solo dei soldi), e il Toro in qualche porto sarebbe finito, anche se qui non c’è il mare. Invece, un naufragio: nel gioco, nell’intensità, nella corsa, nella tempra.

Dapprima il nulla: un primo tempo regalato, orribile e incomprensibile, senza un tiro in porta e con un gol nelle terga (di Valoti di testa da due passi, da angolo, post torre di Vukovic, con le marcature saltate come grilli). Poi, dopo la reazione nella ripresa che aveva portato all’1 a 1 di Niang in contropiede, ecco lo sprofondo del 2 a 1, ancora di Valoti: il culmine dell’assenteismo nel filtro e nella fase difensiva, passando attraverso i giri a vuoto di N’Koulou, De Silvestri e compagnia (tiro di Petkovic, respinta di Sirigu e botta a porta vuota del centrocampista). Prima e dopo: sussulti, tre chance non sfruttate da Belotti, N’Koulou e Berenguer, qualche discreto servizio di Ljajic (rientrato dopo oltre due mesi: così così) e la fine. Con Mazzarri che era passato anche al 4-4-2 (col serbo e Iago sulle fasce) e poi al 4-2-1-3 (accentrando Ljajic) per tentare di aggiustare l’aggiustabile: almeno il risultato. Il trend di Mihajlovic era indifendibile da troppe settimane, ormai. Così come pernicioso era lo scollamento tra il tecnico e lo spogliatoio, oltreché con Cairo e Petrachi.
WM sta cercando di dispensare un maggiore tatticismo e nuove motivazioni ma dopo i miglioramenti visti nelle prime cinque partite, nelle ultime due ha fatto persino peggio di Sinisa, ed è tutto dire.
Non è colpa della... Juve, né può essere responsabilità soltanto degli allenatori. Questo Toro è malato nella testa e nel corpo. Adesso, invece di parlare di Europa, si cerchi subito di salvare almeno la faccia. E la dignità. E ci permettiamo di incolpare prima la società e i giocatori, che Mihajlovic e Mazzarri.
Al fondo di queste amare righe, noi la pensiamo così.

Sezione: Avversari / Data: Lun 26 febbraio 2018 alle 09:15 / Fonte: TuttoSport
Autore: Anna Vuerich
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