Uno stacco di testa preciso e decisivo. Così a Verona Slobodan Rajkovic ha salvato il Palermo dalla prima sconfitta della gestione Stellone. Un gol che, al di là del pareggio, mette in evidenza il difensore serbo. Per la verità Rajkovic il suo ruolo da protagonista se lo è già conquistato, ma per tutto quello che ha passato può ancora considerarsi in credito con le soddisfazioni personali. Quasi cinquecento giorni di assenza per infortunio non si dimenticano così in fretta. In questo inizio di stagione ha già giocato tredici partite, undici in campionato e due in coppa Italia, praticamente un record se si pensa che in rosanero nelle due stagioni che si è lasciato alle spalle ha messo insieme appena ventuno presenze in totale. Per non parlare dei gol: quello di Verona, il primo in campionato, è il terzo stagionale con la doppietta decisiva in Coppa contro il Vicenza. In due anni ne aveva segnato uno solo nella stagione scorsa a Parma. «Meglio non parlare di cosa mi porto dentro – ha detto Rajkovic in una recente intervista al Corriere dello Sport – non ho mai smesso di credere in quello che faccio. Mi sento più forte, arrabbiato e aggressivo e comincio a prendermi qualche rivincita».
Il Palermo, nell’estate del 2016, pensava di avere trovato il difensore centrale capace di impostare il gioco e decisivo sulle palle da fermo per puntare a una salvezza serena. L’ex promessa del Chelsea aveva appena firmato fino al 2020. Anche se non bastarono le credenziali, visto che fu accolto con scetticismo. In effetti per lunghi tratti della sua carriera era stato più in infermeria che in campo.
L’inizio della sua esperienza in rosanero durò tre partite e mezza e nemmeno tutte di fila. Un’espulsione all’esordio contro il Sassuolo alla prima giornata di campionato, poi un infortunio alla terza partita contro il Crotone dopo uno scontro con il suo ex compagno di squadra Posavec che gli ha procurato la frattura scomposta delle ossa nasali.
Nel frattempo le ginocchia continuavano a non dargli tregua: quella che doveva essere la festa per il ritorno in campo contro il Milan fu invece la sua ultima partita prima di rientrare in campo alla fine di febbraio di quest’anno. Sette operazioni complessive alle ginocchia nel corso di una carriera non sono poche, ma l’ultima è stata quella risolutiva. Il ritorno in campo a Perugia a febbraio per lui è stata un’emozione grandissima e la prova che tutto dentro le sue ginocchia fosse al proprio posto l’ha avuta suo malgrado contro l’Ascoli, seconda partita disputata dopo quella del ritorno in Umbria: “frattura composta dell’emipiatto tibiale del ginocchio destro da impatto – fu la diagnosi – e un versamento intrarticolare da stress in estensione dell’articolazione”. Un infortunio da trauma risolto in 28 giorni, niente rispetto a quello che aveva passato: le cartilagini delle ginocchia non sono più un problema.
In questa stagione dopo il primo gol segnato al Vicenza ha portato l’indice alla bocca per zittire chi non credeva in lui. Poi con il secondo gol ai supplementari ha permesso ai rosanero di andare ai rigori, trasformando anche il suo, sfiorando poi la rete anche nella partita successiva contro il Cagliari. Rajkovic non si è fermato più: ha giocato tutte le partite per intero, saltandone una sola nel turnover deciso da Stellone. Ma l’allenatore se non si fosse trattato di un piano studiato con lo staff tecnico e medico gli avrebbe fatto giocare pure quella.
Dalle ultime due partite della gestione Tedino dello scorso campionato Rajkovic è l’unico sempre presente per tutti e novanta minuti. Ha saltato solamente due minuti di Palermo-Avellino dello scorso 21 aprile e la partita contro il Venezia per turnover.
Autore: Anna Vuerich
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